Troppa medicina? Se lo chiedeva nel 2002 Ray Moynihan, un giornalista investigativo, in un editoriale del Bmj. Dieci anni dopo il punto interrogativo sparisce per lasciare spazio a un’affermazione e alla consapevolezza che sì, oggi si fa un uso eccessivo della medicalizzazione. «È un problema molto conosciuto – spiega Giuseppe Remuzzi, Primario di Nefrologia e Dialisi degli Ospedali Riuniti di Bergamo e Direttore dell’Istituto Mario Negri di Bergamo, a Rbsalute – ed è importante che il Bmj ritorni su questo argomento, perché non è mai abbastanza analizzato in dettaglio».
Soprattutto nei Paesi più ricchi gli eccessi in medicina continuano ad accumularsi: esami diagnostici inutili e spesso dannosi; e conseguenti terapie farmacologiche superflue, che alimentano il circolo vizioso. Un problema di costi oltre che di salute. «Se arginassimo questo problema risolveremo la maggior parte delle difficoltà che ha la sanità, soprattutto in Italia – continua Remuzzi. «Noi ci lamentiamo sempre dei tagli e in effetti questi tagli vengono fatti in modo indiscriminato senza entrare nei meriti dei problemi, senza capire cosa serve e non serve. Bisogna fare delle scelte perché le risorse sono limitate, e se le indirizzassimo verso terapie che sono davvero efficaci, e per malati che ne hanno davvero bisogno, le risorse del Sistema Sanitario Nazionale, in Italia come in Europa, basterebbero per curare tutti. Non ci sarebbero tagli alla sanità e avremmo anche molte meno malattie indotte dagli esami diagnostici e dall’eccesso di terapie, a loro volta dovute agli eccessi di esami diagnostici».
Una donna su cinque, che si sottopone a screening precoce per il tumore al seno, riceve una diagnosi e spesso esami di approfondimento diagnostico inutili, con dose di stress altrettanto inutile. Ma non solo. Il test diagnostico per il cancro alla prostata, Prostate-Specific Antigen (Psa), da alcuni anni viene condotto a tappetto su una grossa fetta della popolazione italiana, per prevenzione. «È l’esempio più clamoroso di eccessi diagnostici – continua Remuzzi – in un anno, solo nel mio ospedale, vengono eseguiti più di 20 mila esami di Psa, di cui l’80% sono normali, cioè sotto la soglia di normalità di cinque. Questa è la dimostrazione di come ci sia qualcosa che non va. Se uno ha un valore alterato per delle ragioni transitorie o per un cancro benigno viene operato comunque e questo comporta disabilità, problemi di incontinenza ed erezione e una vita miserevole. Alla fine sono molto pochi quelli che ne traggono davvero dei vantaggi, così per salvare qualcuno ci rimettono in tanti».
Il problema degli eccessi in medicina non riguarda però solo malattie invalidanti e gravi come il cancro, ma anche le più banali ipertensione e osteoporosi: «Se noi trattiamo uno che ha la pressione molto alta e lo trattiamo per 5 anni preveniamo l’80% delle malattie al cuore e cervello; ma se noi trattiamo un ipertensione che è al limite o che è modesta, abbiamo un vantaggio nel 5% delle persone e trattiamo inutilmente il restante 95 per cento. Se utilizziamo i farmaci dell’osteoporosi per tutte le donne, evitiamo la frattura nel 5% dei casi, ma esponiamo a questi farmaci, che hanno anche effetti tossici, il 95% delle donne. Questi sono solo alcuni esempi dei danni causati da diagnosi eccessive, che inevitabilmente portano a terapie, perché quando uno fa una diagnosi c’è sempre qualcosa che non va. Per cui si finisce per curare gli esami e non i sintomi clinici, e tutto questo porta a degli effetti negativi».
Un altro problema riguarda la continua “nascita” di nuove patologie prima inesistenti, per cui l’Icd (Classificazione Internazionale delle Malattie) continua ad espandersi. Un esempio è il nuovo disturbo psichiatrico “somatic symptom disorder”, in realtà retro faccia dei sintomi fisici del cancro o delle malattie cardiache, ma che viene etichettato come tale. O ancora i disturbi da deficit dell’attenzione nei bambini. «I pediatri abbondano con le diagnosi di questo tipo e ci sono tanti bambini che prendono farmaci psicotropi, cioè per curare il sistema nervoso, per delle ragioni che non hanno motivo di essere: perché uno è svogliato, non è attento a scuola e non ottiene i risultati che vorrebbero i genitori. Allora lo si porta dal medico il quale finisce per prescrivere un farmaco psicotropo. Succede in tutto il mondo, soprattutto in America ma anche da noi, vi è un eccesso di prescrizioni di farmaci per il sistema nervoso anche nei bambini» afferma Remuzzi.
Quello che manca spesso è una cultura che eviti gli eccessi, per il paziente come per il medico. «Se uno esce dalla visita medica senza la prescrizione di un esame diagnostico o di un farmaco, pensa che il medico non sia bravo. Invece il medico bravo è proprio quello che prescrive pochi farmaci o esami diagnostici». Cultura che secondo il professor Remuzzi andrebbe introdotta a partire dalle Università e con corsi di formazione che rendano i medici, dallo specialista, al pediatra e il medico di base, più consapevoli di questo problema e competenti. Eppure, «fra tutti i corsi che sono ormai obbligatori, non ne ho mai visto uno che insegni ai medici a non prescrivere troppo. La medicina si deve concentrare su questa che è l’attività principale del medico: distinguere il malato dal sano. Che non è una cosa così difficile. E gli esami e le terapie vanno riservati ai malati e non a quelli che stanno bene».
Oggi qualcosa inizia a muoversi e nascono le prime iniziative per individuare le cause e i potenziali rimedi all’eccesso di esami, di diagnosi e di terapie: “Less is more” (meno è più) della rivista Jama internal medicine, e “Choosing Wisely” (scegliere con saggezza) dall’American Board of Internal Medicine Foundation a cui ha aderito anche la Società Internazionale di Nefrologia, che sta preparando una guida per le malattie renali croniche, per aiutare i medici ad affrontare con un approccio intelligente l’uso dei farmaci anche nei malati cronici, oltre che nei sani.
Se si centrasse l’obiettivo di ridurre questi inutili eccessi in medicina, verrebbero risolti molti problemi sociali e medici e si risparmierebbero molti soldi. Ma finché gli ospedali continueranno a esser pagati a prestazioni, con il sistema di rimborso per Drg (Diagnosis-related group), saranno sempre incentivate le prescrizioni inappropriate. Dietro ci sono enormi interessi economici: di chi vende le apparecchiature, i farmaci, e degli ospedali stessi.